Diritto alle ferie retribuite come principio fondamentale del diritto dell’UE
La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea offre nuove possibilità di tutela per una categoria specifica di ex lavoratori pubblici: i dipendenti con contratto di lavoro di diritto amministrativo che siano andati in pensione tramite dimissioni volontarie a partire dal 2012.
La pronuncia della CGUE fa infatti riferimento alla normativa italiana introdotta nel 2012 che, di fatto, impediva ai dipendenti pubblici di ottenere un’indennità economica per i giorni di ferie maturati e non goduti, nel caso decidessero di dimettersi volontariamente per accedere alla pensione. Secondo l’interpretazione data dai giudici europei, tale norma nazionale è in contrasto con il diritto fondamentale alle ferie retribuite sancito dalla legislazione comunitaria.
Di conseguenza, tutti quei dipendenti pubblici che, a partire appunto dal 2012, siano andati in pensione con le dimissioni volontarie senza riuscire a godere di una parte delle ferie arretrate, possono ora avanzare un ricorso per ottenere il pagamento di tali giorni come compenso economico. Si stima che la platea dei possibili destinatari del ricorso possa essere molto ampia.
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Il nocciolo della questione sulla monetizzazione delle ferie non godute: il contratsto tra la normativa italiana e quella UE
La sentenza della Corte di Giustizia UE fa esplicito riferimento al divieto di monetizzazione delle ferie non godute introdotto in Italia nel 2012. Si tratta nello specifico dell’articolo 5 comma 8 del Decreto Legge n. 95/2012, che impediva la corresponsione di compensi economici sostitutivi per la mancata fruizione delle ferie ai dipendenti pubblici in caso di dimissioni, anche volontarie.
Pertanto, la pronuncia dei giudici europei va a incidere su tale normativa consentendo ora la presentazione di ricorsi per ottenere il pagamento delle ferie arretrate non usufruite prima del pensionamento volontario, ma solo a partire dall’entrata in vigore del suddetto Decreto Legge del 2012. In sostanza, tutti i dipendenti pubblici che hanno presentato le dimissioni per accedere alla pensione dal 2012 in avanti possono, alla luce di questa sentenza, rivolgersi al giudice del lavoro per veder riconosciuto il proprio diritto alla indennità sostitutiva dei giorni di ferie retribuite maturate e non godute.
I ricorsi dovranno contenere tutta la documentazione attestante il rapporto di lavoro, le dimissioni intervenute e i giorni di ferie accumulati per gli anni precedenti alla cessazione del servizio.
Chi può fare causa per ferie non godute
Ma qual è nello specifico la platea dei destinatari della pronuncia della Corte di Giustizia Europea, che possono dunque avanzare un ricorso per vedersi riconosciuta un’indennità economica per i giorni di ferie non godute prima del pensionamento?
In linea generale possono procedere con una richiesta di pagamento dei giorni di ferie retribuite accumulati e non usufruiti tutti i dipendenti pubblici con contratto di diritto amministrativo che, a partire dal 2012, abbiano presentato dimissioni volontarie ai fini di accedere alla pensione anticipata. Vi rientrano quindi sia gli impiegati degli enti locali (comuni, province, regioni) sia i dipendenti dei vari Ministeri, scuole, aziende sanitarie, agenzie fiscali e previdenziali. In buona sostanza tutti i pubblici dipendenti con regime contrattuale di tipo amministrativo.
Rimangono invece esclusi da questa possibilità i lavoratori con contratto di diritto privato e coloro che sono andati in pensione per raggiunti limiti di età o di servizio prima del 2012. In questi casi infatti non è possibile presentare ricorso poiché restano valide le normative precedenti o specifiche per i singoli comparti.
Come si presenta il ricorso per l’indennità sostitutiva delle ferie
Ma in concreto, come deve procedere un ex dipendente pubblico per avanzare un ricorso volto ad ottenere il pagamento delle ferie non godute prima di accedere alla pensione tramite dimissioni volontarie?
Innanzitutto è fondamentale rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto amministrativo e diritto del lavoro, che possa occuparsi di tutti gli aspetti tecnici e procedurali. Bisognerà poi fornirgli copia di tutta la documentazione relativa al precedente rapporto di lavoro quale ad esempio il contratto, le lettere di dimissioni, il decreto di collocamento in quiescenza.
Andranno inoltre precisati con esattezza i giorni di ferie retribuite complessivamente maturati e non goduti, eventualmente suddivisi per anno, supportati dai cedolini paga o altra documentazione. Sulla base di tali elementi l’avvocato predisporrà il ricorso al giudice del lavoro territorialmente competente, con la richiesta di veder riconosciuto il diritto alla monetizzazione delle ferie arretrate indicando i riferimenti normativi a sostegno.
Prima di procedere è però sempre consigliabile un’attenta verifica di tutti i documenti disponibili e una valutazione circa eventuali rischi di prescrizione.
Fino a quando si può presentare il ricorso?
Un altro aspetto centrale per chi intende avanzare ricorso è quello di rispettare le corrette tempistiche imposte dalla legge. Esistono infatti termini precisi entro i quali agire legalmente per veder riconosciute le proprie ragioni.
In questo caso, trattandosi di un contenzioso in materia di lavoro e pensioni, bisogna fare riferimento ai termini previsti per la prescrizione dei singoli diritti soggettivi. Nello specifico, il diritto alla retribuzione, compreso il pagamento sostitutivo delle ferie, si prescrive nel termine di 5 anni.
Ciò significa che l’ex lavoratore pubblico può presentare ricorso fino a 5 anni dopo la cessazione del rapporto di lavoro e quindi dalla data di decorrenza della pensione. Superato tale termine quinquennale non sarà più possibile avanzare alcuna richiesta legale. Per questo è importante non solo documentarsi bene sul merito ma anche rivolgersi quanto prima ad un legale di fiducia, possibilmente entro i 3-4 anni dal pensionamento con dimissioni volontarie.
Quali rischi si corrono nel fare ricorso per la monetizzazione di ferie non godute?
Nonostante le aperture fornite dalla recente sentenza della CGUE, permangono comunque dei rischi nel presentare ricorso per ottenere gli arretrati delle ferie non godute prima delle dimissioni per pensionamento. È quindi opportuno valutare attentamente il caso specifico con un legale di fiducia.
Uno degli elementi più delicati da considerare è sicuramente quello della prescrizione. Come detto i diritti retributivi si prescrivono nel termine di 5 anni, quindi se dalla cessazione del rapporto di lavoro ne sono già trascorsi più di 4 o 5 il rischio che il giudice dichiari la prescrizione è alto. Un altro punto critico può essere la mancanza o incompletezza della documentazione necessaria a comprovare il diritto ai giorni di ferie arretrati che non sono stati fruiti. Anche in questa circostanza il ricorso potrebbe venire rigettato.
In generale il responso in sede legale dipenderà dalle condizioni e dalle prove fornite dal ricorrente a sostegno della richiesta. Per questo la fase iniziale di verifica da parte di un avvocato esperto è assolutamente cruciale, così da valutare preventivamente le chance di accoglimento del ricorso ed eventualmente raccogliere tutte le informazioni utili al buon esito.
Quanti soldi si possono ottenere con la monetizzazione di ferie non godute?
Uno degli aspetti certamente più interessanti per i possibili ricorrenti riguarda l’entità delle somme che potrebbero ricevere a titolo di compenso per i giorni di ferie annuali retribuite maturati e non goduti prima di accedere alla pensione tramite dimissioni volontarie.
Per calcolare l’indennità economica spettante si dovrà prima di tutto quantificare con precisione il numero totale di giorni di ferie arretrati accumulati dal lavoratore negli anni precedenti, eventualmente suddivisi per anno. A tale numero, attestato dalla documentazione probatoria, andrà poi applicata la retribuzione economica giornaliera in vigore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Facendo un esempio pratico, ipotizzando che fino al pensionamento un impiegato abbia accumulato 70 giorni di ferie non godute, considerando una retribuzione lorda annua di 30.000 euro, si avrebbe diritto ad un’indennità di circa 4-5 mila euro complessivi. Ovviamente l’importo finale può variare anche di molto a seconda delle ferie arretrate e dello stipendio.